lunedì 9 settembre 2013

Sulla Verità...



"Dato che non penseremo mai nello stesso modo e vedremo la verità per frammenti e da diversi angoli di visuale, la regola della nostra condotta è la tolleranza reciproca. La coscienza non è la stessa per tutti.Quindi, mentre essa rappresenta una buona guida per la condotta individuale,I'imposizione di questa condotta a tutti sarebbe un  insopportabile interferenza nella libertà di coscienza di ognuno" (4)

Gandhi


"La verità è simile a Dio: non si rivela direttamente;dobbiamo indovinarla dalle sue manifestazioni." (4)

Goethe 

Il termine indiano che denota la verità è SAT-YA, che deriva dal termine sanscrito SAT che significa Essere. La verità è quindi in senso stretto "ciò che è" (1).Per Gandhi la verità era Dio stesso e ciò è in accordo con quanto nella Bibbia, AT Dio rivela di sè stesso a Mosè: "IO sono Colui che sono" (Esodo 3,14) (2) e ciò che Gesù anche dice di sè stesso nell'NT: "IO sono la Via, la Verità e la Vita" (Giovanni 14,6) (3). Dunque se la Verità è Dio stesso non è di immediata visibilità, e riconoscimento, ma richiede un cammino di avvicinamento e scoperta, similmente a quello che è il cammino di verifica della realtà esterna che operano le scienze con il metodo sperimentale e con la logica (metodo ipotetico-deduttivo). Più volte infatti, come nel caso della fisica dell'atomo, ipotesi logiche e matematiche sono state verificate poi successivamente dall'analisi sperimentale. 

La Verità dunque è ciò che ha l'Essere, l'Esistenza, ma cosa è che ha l'esistenza, l'Essere in senso più proprio? Ciò che ha la Vita. Dunque la ricerca e l'amore per la verità è anche ricerca e difesa della Vita. 

Chiunque ama la Vita e la difende, dunque, come chi ama e difende la Pace, che è custodia della Vita, ama anche la Verità e Dio stesso. 

L.D.H.R. 9/09/2013- Corvara in Badia


Riferimenti:1. Mark Juergensmeyer, "Come Gandhi", Ed. Laterza, pp 22-25;2. La Bibbia di Gerusalemme Ed EDB, p 131;3.La Bibbia di Gerusalemme Ed EDB, p 2557;4.http://digilander.libero.it/PensieriInVolo/afoverita/afoverita.htm


martedì 21 maggio 2013

Grandezza dell'uomo e povertà

" La grandezza richiede insieme l'abbondanza e la povertà; nulla di grande si fa se non mediante una data povertà. Si può capir qualcosa della vita umana, se non si comincia col capire che è sempre la povertà a sovrabbondare in grandezza?
La legge tragica, non della natura umana, ma del peccato dell'uomo, fa sì che la povertà degli uni crei l'abbondanza degli altri: povertà di miseria e di schiavitù, abbondanza di brame e d'orgoglio. Legge del peccato che non si deve accettare, ma combattere. Ciò che sarebbe conforme alla natura e che dobbiamo chiedere nell'ordine sociale alle nuove forme di civiltà, è che la povertà di ciascuno (non penuria, nè miseria, ma sufficienza e libertà, rinunzia allo spirito di ricchezza, gioia dei gigli del campo) ; è che una certa povertà privata crei l'abbondanza comune, la sovrabbondanza, il lusso, la gloria per tutti"

Jacques Maritain
in "Umanesimo Integrale"


  La povertà come misura della grandezza, il limite come il contorno di ciò che ci definisce, che definisce il nostro spazio, il tempo e la misura del nostro agire. Una povertà dell'uomo, quella del peccato, che si fa povertà per gli altri uomini, ed una povertà conforme all'ordine naturale, alla misura delle cose, alla vera "civiltà" per cui il nostro diminuire è il l'aumentare dell'altro uomo, il rinunciare all'accumulo è la crescita per tutti, la nostra misura è la vera grandezza per ognuno, nella condivisione, nella gratutità del dono, la "gloria" dell'umanità. 
Conforme alla natura sarebbe dunque, non l'accumulo, l'accaparramento, il profitto, la competizione, il mercanteggio volto all'accrescimento indiscriminato di sè e del proprio "benessere", ma il diminuire, il giusto, la giusta misura, il rispetto per il lavoro dell'altro, che non è depredare uno spazio di sopravvivenza per la distruzione competitiva, ma il produrre e godere creativo della capcità misurata della propria attività, per godere, nei limiti del godibile, della ricchezza del lavoro delle proprie mani, del proprio spazio di dialogo con la natura; in uno scambio reciproco tra gli uomini frutto della disponibilità e della solidarietà dello scambio e del dono, del mio di più e del di più concesso dalla natura nell'uso "povero" delle risorse e non dello "sfruttamento" indiscriminato. 
Un diminuire che non assolutizza, ma "dialogizza", non rende grandi e opprimenti, ma si cura dell'altro nel curare il proprio sufficiente, la propria misura. Diminuiamo per aumentare tutti! Non competizione, ma rispetto per la crescita umana comune; non accumulo, ma disponibilità e cooperazione per il dono e lo scambio. Quando diminuisco, faccio nascere in me il desiderio della relazione, del gettare ponti, del collaborare; quando competo, al contrario accresco me stesso per distruggere l'altro, nel riconoscimento solipsistico del diritto non al proprio spazio, ma al maggior spazio possibile per me e per chi aderisce ad esso, spesso in una spirale perversa di clientela e favori corporativistici che è quanto di più contrario allo spazio creativo minimo che accresce la vera ricchezza, quella umana, che è fonte di dialogo, di relazione, di occasioni di lavoro, di vita e infine di giustizia per ogni uomo. 
Nella misura è la crescita umana, nel rispetto del proprio spazio è l'assicurazione dello spazio per l'altro, non solo quello pratico, dell'attività, del lavoro e dell'economia, ma anche quello del dialogo, dell'espressione, della libertà e dei diritti umani e quindi la vera giustizia per tutti e per ciascuno.
Se io diminuisco, creo uno spazio, perchè l'altro cresca e sopravviva e possa vivere insieme con me e con ogni altro.
Povertà per la grandezza dunque, povertà per il dialogo, povertà per lo spazio creativo, per la vita e per la giustizia.

L.D.H.R.

sabato 6 aprile 2013

Il Mondo è un recipiente Sacro

"Vorresti afferrare il mondo e cambiarlo?
Io vedo che ciò non è possibile.
Il mondo è un recipiente sacro:
non si può cambiare.
Coloro che lo cambiano lo rovinano,
coloro che lo afferrano lo perdono.

In verità gli esseri a volte precedono, a volte seguono,
a volte sono lamentosi, a volte sono arroganti,
a volte sono forti, a volte sono deboli,
a volte sono distrutti, a volte distruggono.

Per questo il saggio evita l'eccesso,
evita lo spreco, evita l'estremo."

                                                                                            Lao Tsu, Tao Te Ching,29

E' possibile cambiare il mondo? E' giusto cambiarlo? Non è il cambiamento naturale nelle cose del mondo? Volere a tutti i costi perseguire la propria via, imporla agli altri, alla propria Comunità, alla propria Città, alla propria Nazione,... al Mondo intero! E' questo giustizia per il mondo? O forse le cose vivono di una loro dimensione, sono già in qualche modo? C'è un Bene che ci supera e che già traccia la Via a nostra insaputa?

Apro questo spazio di Riflessione, approfondimento e Filosofia, nella speranza di tracciare un percorso, di segnare il passo, e di vedere con lo spirito della parola le idee succedersi e comprendersi vicendevolmente, in un mondo di forti che vogliono cambiarlo, consumarlo, spercarlo, lamentosi che fanno precedere sempre le parole ai fatti, arroganti che segnano solo la loro via, politici che parlano senza riflettere sull'Uomo, deboli che non  osano un passo nel timore di essere di troppo, distrutti che non sperano più nel cambiamento, ma non quello forzato dell'egoismo, ma quello naturale degli esseri viventi, che cambiano e cercano e sognano e sperano inevitabilmente, perchè è la Vita stessa a cambiare a dirigere ad insegnare, se solo sapessimo ascoltarla e fermarci, smettendo di eccedere, di sprecare, di estremizzare ciò che cambia, anche se noi ci ostiniamo a ridurla a poche e inevitabili banalità...
Il Mondo è un Recipiente Sacro, facciamoci Spazio e Silenzio e Sguardo.
La parola seguirà, come la Musica segue al Silenzio.

L.D.H.R.